Monte Cimadors alto da Grauzaria

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MONTE CIMADORS ALTO da Grauzaria... i fattori che hanno influenzato l'escursione di oggi sono stati diversi: la giornata libera, l'impossibilità di partire presto, il meteo stupendo dopo un lungo periodo di maltempo e soprattutto la presenza di neve sulle cime più alte. Preso atto di tutte queste componenti, meditando sulla possibile meta, ci è venuto in mente il Monte Cimadors, che avevamo già fatto molti anni fa e questa poteva essere la giusta occasione per "rispolverare" i ricordi un po' assopiti.

Preparato il necessario già da ieri, stamani siamo partiti verso Moggio Udinese con il sole che splendeva e che invogliava a stare all'aria aperta. Il desiderio di montagna poi, stuzzicava e stimolava grandiosamente la nostra fantasia, anche perché la "crisi di astinenza" iniziava a farsi sentire con prepotenza inaudita. Quando abbiamo raggiunto il moggese, splendida zona attorniata da montagne bellissime ed affascinanti, ci siamo sentiti a casa, da quanto amiamo e adoriamo questi luoghi. Da Moggio abbiamo proseguito verso la stupenda Val Aupa, deviando poi a sinistra quando abbiamo trovato le indicazioni per il borgo di Grauzaria.

Lasciando l'abitato alla nostra destra, abbiamo continuato fino a giungere presso le ultime abitazioni ed in comodo spazio, adiacente alla carreggiata, sulla destra, abbiamo parcheggiato l'auto. La temperatura esterna, a differenza dei giorni scorsi, era frizzantina ma estremamente piacevole e le cime che ci circondavano erano oramai tutte baciate dal sole. Con gli zaini in spalla e gli scarponi ai piedi abbiamo dato inizio alla nostra avventura, rendendoci conto perfettamente che non avremmo conquistato cime importanti, ma come bellezza dei luoghi e allenamento fisico, non ci saremmo fatti mancare nulla.

Abbiamo continuato per pochi passi lungo la strada asfaltata, ma subito dopo, l'abbiamo attraversata e, seguendo il segno CAI sul guardrail, siamo scesi fino al greto del torrente Forchia, che abbiamo guadato per andare ad imboccare il sentiero CAI 418. Abbiamo preso quota su un percorso inizialmente invaso dalle erbacce ed in seguito apparentemente in disuso, ma comunque sempre ben segnalato. Quando abbiamo incrociato nuovamente la stretta strada asfaltata, l'abbiamo percorsa per un tratto, risalendo qualche ripido tornante, per poi re-immetterci a destra nuovamente nel sentiero sviluppatosi nel bosco di faggio. L'aria che respiravamo era pervasa da un piacevole odore di funghi e di sottobosco e spesso capitava di incontrare sul nostro cammino numerosi rigagnoletti d'acqua. L'umidità favoriva la crescita di ogni tipologia di funghi ed ognuno con la tipica morfologia dava carattere al terreno.

Quando siamo arrivati nei pressi del borgo di Badiuz, l'annuncio dell'abitato ci è stato dato da una singolare e caratteristica ancona votiva, la cui peculiarità era di avere delle piccole nicchie su tre facciate ed ognuna, di forma diversa, conteneva una figura sacra. Il manufatto si integrava perfettamente con l'ambiente circostante perché costruito con la stessa roccia del posto e la sua unicità catturava la nostra attenzione. Abbiamo continuato il cammino dissetandoci alla fontana del minuscolo borgo di Badiuz e, dopo aver oltrepassato l'abitato, proseguendo sulla stretta carrareccia abbiamo raggiunto il Borgo di Mezzo. Qui siamo stati "intercettati" dallo stesso simpatico abitante del posto che ci aveva salutati anche durante l'escursione passata e, come l'altra volta, ci ha chiesto se andavamo "in mont".

Anche in questo piccolo borgo una antica ed ampia fontana faceva bella mostra di se lungo il cammino, dando un valore aggiunto all'amenità del luogo. Ci siamo soffermati a riflettere sulla vita passata che, in tempi lontani, si svolgeva in questi piccoli e sperduti villaggi, cercando di immaginare come poteva essere stato lo scorrere del tempo in quei luoghi tanto deliziosi quanto lontani dalla civiltà. Mi hanno colpita le case, alcune ristrutturare, altre rimaste tali e quali come lo erano originariamente, ma con tanto di numero civico ancora adeso alle antiche facciate. Altra cosa interessante, che poi mi è stata sfatata dal simpatico omino con cui abbiamo parlato, è stato il fatto di vedere tutti gli orticelli dei pochi residenti interamente recintati con reti, palizzate o quant'altro potesse servire al caso.

Il villeggiano mi ha spiegato che è loro usanza fare così per evitare che cervi e caprioli entrino a fare scorpacciate di ortaggi e tale affermazione non ha potuto che strapparmi un mesto sorriso . Abbiamo continuato l'escursione deviando a destra, nei pressi del centro dell'abitato, seguendo il segnavia CAI 418a, iniziando così a prendere quota in un fantastico bosco di pino nero. Inaspettate fioriture settembrine, davano un tocco di colore ad un ambiente già di per se affascinante ed accogliente. Durante l'ascesa non sono venute a mancare delle schiarite tra la vegetazione che ci permettevano di renderci conto dell'altitudine guadagnata e ci facevano affacciare su un fantastico balcone con bella vista sul dirimpettaio Monticello.

Alcuni salti rocciosi ci offrivano anche la possibilità di salire su fenomenali pulpiti a ridosso di strapiombi vertiginosi e da cui potevamo osservare compiaciuti l'inesorabile cambiamento cromatico che l'autunno si presta ad appioppare alla natura. Dal bosco di pino nero, abbiamo poi camminato lungo tornanti erbosi immersi in vegetazione più bassa e mughi, per poi riguadagnare il percorso all'interno di un bosco di faggi, le cui forme affusolate ed antropomorfe non finiranno mai di incantarmi. Quando siamo usciti dalla ombrosa faggeta, habitat ideale di magiche creature, siamo entrati in un vasto spazio erboso, delimitato da del filo elettrico, a contenere un gregge di belanti pecore bianche e nere, di proprietà di Kaspar di Dordolla e da dove si poteva già vedere, in lontananza, Casera Cimadors.

Abbiamo raggiunto l'edificio rasentando il filo elettrico e camminando lungo un percorso sfalciato e ben curato dallo stesso proprietario degli ovini e, dopo aver circumnavigato anche i ruderi dell'antico manufatto adibito a probabili stalle, abbiamo proseguito la nostra escursione. Il sentiero è continuato sulla destra della casera, addentrandosi nuovamente nella faggeta e facendosi via via più ripido. Lungo questo tratto di sentiero, dei massi rocciosi davano una ulteriore caratteristica ad un luogo incantato e fiabesco. Mano a mano che prendevamo quota, non potevamo fare a meno di osservare le chiome dei faggi che sempre più frequentemente subivano il cambiamento stagionale e ci stupivamo della bellezza che stavano assumendo.

Quando siamo giunti nei pressi di una selletta con bella vista sulla maestosa Grauzaria, abbiamo trattenuto il respiro, stupefatti e abbagliati da tanta meraviglia. Era assolutamente spettacolare! Dopo la doverosa pausa riverenziale verso cotanta avvenenza, abbiamo continuato verso sinistra, su sentiero erboso, poco al di sotto della cresta, proseguendo tra le mughe e seguendo strani segnavia di bolli bianco-rossi. Risalendo quindi dei gradoni erbosi abbiamo in poco tempo raggiunto la cima, su cui una minuscola crocettina in legno, padroneggiava su un panorama subliminale. Sernio e Grauzaria la facevano da padroni, con le loro cime leggermente spolverate di leggero "zucchero a velo". Più lontani il magnifico Zuc dal Bor ed il Chiavals erano ricoperti da un discreto manto bianco e, sotto i raggi prepotenti del sole, risultavano abbaglianti e più splendenti che mai.

Il Pisimoni ed il Monticello invece erano completamente sgomberi dalla neve ed il loro verde brillante, contrastava con il bianco candore delle cime adiacenti. Era uno scenario così spettacolare quello che ci circondava che ci emozionava e ci rallegrava al tempo stesso. Il meteo peraltro favorevole ci permetteva di spaziare con lo sguardo fino alla lontana pianura, navigando con l'immaginazione sul Fella e sul Tagliamento per arrivare, sfociando, fino al mare. Dalla cima con la crocetta, ci siamo spostati tra le mughe, seguendo la cresta, fino a Cimadors "più alto", in cui pareva, se possibile, di toccare la Grauzaria solamente allungando la mano. Il silenzio che ci inghiottiva ci catapultava in una dimensione ultra terrena e ciò rendeva la nostra avventura alla pari di un sogno.

Solo ogni tanto il vento portava verso di noi il rombo lontano di una cascata che, come un eco, si ripercuoteva tra i ripidi strapiombi. Era una favola in cui ci siamo persi per un tempo incalcolabile ed indefinibile, ma da cui, purtroppo abbiamo dovuto uscire per ritornare alla realtà. Siamo rientrati laddove stamattina avevamo lasciato l'auto, per lo stesso sentiero dell'andata, deliziandoci con le bellezze di cui non avevamo potuto godere percorrendo il senso opposto di marcia. Stavolta eravamo stati però deliziati dalla piacevole visione di una coppia di caprioli che, non appena si sono accorti della nostra presenza, si sono dileguati nel bosco più fitto. Questa avventura ci ha riempito il cuore di piacevoli sensazioni e, anche se è stata poco più di una semplice passeggiata, lo stato di benessere che ci ha pervasi effettuandola, ci ha gratificati e la soddisfazione che ne abbiamo tratto ci crogiolerà tra le sue spire fino alla prossima nuova escursione. Cartografia Tabacco 018. Dislivello complessivo 1100 m.

 
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Fotografie e Itinerario di Rosetta Barbetti

 

  

 

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