Monte Amarianute da Pissebus

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MONTE AMARIANUTE da Pissebus... l’ultimo giorno di ottobre invoglia ad uscire, visto il meteo favorevole e la giornata libera, anche se, purtroppo, il tempo a disposizione è davvero poco e le condizioni fisiche non proprio ottimali. Allora per unire l’utile al dilettevole e non rinunciare ad ogni minima possibilità, ci siamo preposti un obiettivo non molto lontano da casa, con un dislivello piccino, ma al contempo con un percorso delizioso ed una cima che non ha nulla da invidiare a quelle più famose.

Ecco che allora da queste attente valutazioni è uscita Lei: l’Amarianute, la donzelletta al cospetto della ben più nota Dama Amariana. Era una meta già raggiunta lo scorso anno, ma eravamo andati e tornati solo ed esclusivamente dal Troi di Martin, stavolta invece avremmo fatto l’anellino completo, salendo dal Troi di Cjadin e rientrando da quello di Martin. Siamo giunti nella piccola frazione di Pissebus, poco distante da Tolmezzo, senza farci mancare la nostra abituale sosta caffè lungo la strada e abbiamo lasciato l’auto in una piazzola di sosta esattamente di fronte a dove prendeva avvio il nostro percorso. Quest’ultimo era segnalato da un bollo rosso dipinto su un paracarri ai margini della strada asfaltata, poco prima di un ponte. Con gli zaini in spalla e gli scarponi ai piedi, abbiamo iniziato a camminare su una pista che si addentrava in un territorio dall’aspetto brullo, ghiaioso e “puntinato” da sparuti esemplari di giovani pini neri.

Il clima, assolutamente piacevole, invogliava ad inspirare a pieni polmoni l’aria tersa del mattino, mentre il rombo degli spari, provenienti da un vicino poligono di tiro, echeggiava tra i vari pendii circostanti per andare poi a disperdersi lontano nelle vallate. Seguendo il chiaro percorso, peraltro delimitato da innumerevoli ometti, dalle forme più disparate, abbiamo superato una zona delimitata da vecchie recinzioni in filo spinato arrugginito, per giungere infine presso un bivio. Qui noi abbiamo continuato dritti, seguendo le indicazioni per il Troi di Cjadin, che, poco dopo, ha girato decisamente verso destra inerpicandosi ripidamente lungo il pendio. Abbiamo così preso quota rapidamente su gradini rocciosi e balze erbose, superando un impluvio ed uscendo dal bosco iniziale, per ritrovarci in spazi aperti, più desolati, per la presenza di tristi tronchi scheletriti rimasti lì a testimonianza di un maledetto incendio che ha tolto loro la vita.

Sembrava quasi volessero raccontarci la loro terribile sofferenza, mentre si stagliavano nel cielo azzurro, privati della linfa vitale che scorreva un tempo nel loro intimo. Mantenendo la loro fierezza, dimostravano che, nonostante la forza degli elementi, non avevano comunque perso la loro insita dignità. Salendo un ultimo tratto su ripidi erbosi, a ridosso di agghiaccianti precipizi, ma con scorci su una maestosa Amariana, abbiamo ben presto raggiunto la cima, caratterizzata da una piccola croce in ferro, di recente impianto e da un ometto. Adesso alla croce un contenitore con libro di vetta, aspettava di essere aperto per permettere ai visitatori di apporre le proprie firme, cosa che noi abbiamo assolutamente fatto. La vista poteva spaziare all’infinito grazie ad un meteo eccezionale, ma andava alla fine a posarsi sempre ed inspiegabilmente sulle pendici impressionanti e rigorose dell’Amariana, che incutevano rispetto e soggezione.

Dopo la pausa siamo scesi dal versante opposto, seguendo dapprima il filo di cresta e scendendo in una sorta di passerella delimitata da un lato dai faggi e dall’altro da enormi esemplari di pino nero. Un fresco venticello ci ricordava costantemente che l’autunno era ormai in fase inoltrata, così come il tappeto di foglie che ricopriva in più punti completamente il sentiero. Inizialmente abbiamo perso quota assai velocemente vista la ripiditá del percorso, finché non siamo giunti presso un ampio belvedere prativo con vista mozzafiato sulla Valle del Tagliamento. Qua la sosta avrebbe meritato di essere adeguatamente lunga, vista l’amenità che ci regalava il panorama, ma i tempi stretti ci hanno indotti a proseguire velocemente verso valle. Siamo quindi scesi sul tratto interessato anche su questo versante dall’incendio, dove, anche qua, i tronchi scheletriti o con esiti di bruciature ci raccontavano la loro storia.

Abbiamo infine continuato a scendere su strette anse, superando un’ulteriore belvedere con panca e poi attraversato un altro impluvio per guadagnare in fretta il bivio laddove stamattina avevamo proseguito dritti. Da qui al parcheggio della nostra auto è stato un gioco da ragazzi. Anche questa volta, come lo scorso anno, l’Amarianute non ci ha affatto delusi, anzi! ci ha rimembrato quanto piacevole ed appagante sia il visitarla ed il godere della bellezza che le è naturalmente intrinseca. I nostri tempi quest’oggi erano scanditi dagli spari provenienti dal poligono di tiro, dalla sirena della cartiera e dal volo costante di un elicottero, forse impegnato in esercitazioni, tutti elementi che ci ricordavano che anche noi dovevamo per forza di cose guardare l’orologio ed attenerci a tempi prestabiliti. Nonostante tutto però, ci siamo portati a casa terreno favorevole su cui coltivare i sogni di questa magica notte di halloween  Cartografia Tabacco 013. Dislivello 700 m. Tempi impiegati 5 ore, comprese le soste.

 
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Fotografie e Itinerario di Rosetta Barbetti

 

  

 

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