Anello del Pal Piccolo

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ANELLO del PAL PICCOLO dal Passo di Monte Croce Carnico (del 13/09/2017)... il Pal Piccolo ci piace definirlo come la "prima, vera montagna" che abbiamo salito, tanti anni fa, quando abbiamo iniziato ad appassionarci all'escursionismo. La molla è scattata proprio ai suoi piedi, quando vi abbiamo visto scendere degli escursionisti sorridenti e soddisfatti. Noi, all'epoca, ci trovavamo al Passo, di rientro da una passeggiata per malghe con i bambini e, scambiando qualche parola con queste persone, vi abbiamo percepito tutto il loro entusiasmo.

La cosa ci ha fatto riflettere sulla possibilità di provare ad inoltrarci anche noi, in questo mondo fantastico che era l'escursionismo, per conoscere meglio la montagna, che tanto ci affascinava e per provare emozioni nuove e diverse. Il Pal Piccolo ci è quindi rimasto nel cuore, in un angolino profondo che ogni tanto ci piace "rispolverare" e ravvivare e ieri, si sono dunque create tutte le condizioni per farvici ritorno: il poco tempo a disposizione, il fatto della recente nevicata che aveva interessato le cime più alte, il meteo bizzarro che avrebbe concesso finalmente tregua e la voglia/necessità di fare una piccola gita in Austria.

Purtroppo la partenza, per motivi di forza maggiore, non può più avvenire all'alba o addirittura prima, per cui, dopo aver assolto ai vari impegni, siamo partiti verso la Carnia in un orario inconsueto. Dopo essere arrivati al sorridente paesino di Timau ed averlo oltrepassato, abbiamo iniziato a salire lungo i numerosi tornanti che ci hanno fatto raggiungere il Passo di Monte Croce Carnico, dove abbiamo lasciato l'auto nell'ampio spazio adibito a parcheggio e da dove, muniti di zaini in spalla e scarponi ai piedi, abbiamo iniziato la nostra avventura. L'aria frizzante ed il cielo stupendamente terso, ci invogliavano a camminare e a dialogare spensieratamente, come fossimo studenti in gita e come tali avevamo infatti la stessa leggerezza d'animo.

Abbiamo oltrepassato il valico, inoltrandoci in territorio austriaco notando che, accanto alla precedente, degli operai stavano lavorando all'impianto di una nuova e maestosa pala eolica. Oltrepassato il cantiere e mantenendoci alla destra della carreggiata, ci siamo diretti laddove ha inizio il Museo Storico all'Aperto della Grande Guerra 1915-1917 (CAI 434). Da qui ci siamo addentrati in un territorio sacro, che il popolo austriaco custodisce amorevolmente e gelosamente, camminando lungo gli stessi percorsi che usavano i soldati in tempo di guerra. Immersi nella faggeta infatti abbiamo affiancato baraccamenti, grotte scavate nella roccia, trinceramenti, postazioni di vedetta e siti di mitragliatrici.

Siamo saliti lungo tratti rocciosi, coadiuvati spesso da scalette in legno, cavi metallici e pioli, fino a raggiungere la parte sommitale del museo all'aperto dominata da una linea di trincea. Da qui abbiamo continuato a salire, ignorando le diramazioni a destra verso il Passo e a sinistra verso la Plockenhaus, lungo il comodo sentiero che già ci offriva la visuale sulla nostra meta. Il bosco oramai si era completamente diradato, lasciando spazio a fitti arbusti che ci davano la possibilità di vedere alla nostra sinistra un favoloso Polinik per metà talmente innevato da risultare abbagliante e per la metà inferiore talmente verdeggiante da rubarci il fiato ed il cui contrasto risultava essere davvero spettacolare.

Alle nostre spalle faceva bella mostra di se un imponente Cellon, che però, quasi timidamente, chiedeva ad una nuvola di celarne la sommità. Abbiamo continuato a prendere quota lungo un percorso a volte terroso ed a volte roccioso e laddove la roccia risultava essere insidiosa e scivolosa, delle staffe in ferro ne agevolavano la risalita. Abbiamo quindi raggiunto le prime gallerie scavate nella roccia ed oltrepassatole, lasciandocele alla nostra destra, abbiamo in breve tempo raggiunto il vasto piano al di sotto della cima. Mentre ci stavamo guardando attorno, un enorme elicottero austriaco andava e veniva a trasportare merce dalla base della teleferica di servizio al Pal Piccolo, alla cima e, la guida, a nostro avviso, un po' spericolata del pilota, ci strappava dei sorrisi.

Era eccitante vederlo scendere a valle in picchiata: wow! Faceva venire a me il cuore in gola! Dal punto in cui ci si trovava, si apriva praticamente un dedalo infinito di camminamenti, postazioni, gallerie, trincee e quant'altro avesse potuto servire all'esercito in quei momenti drammatici e bellicosi del Primo Conflitto Mondiale. Noi abbiamo girovagato un pochino lungo tali percorsi per poi raggiungere la cima, dove una grande croce in ferro dominava la valle sottostante. Dal sito della croce, guardando poco in basso verso destra, si è palesata ai nostri occhi tutta una serie infinita di manufatti bellici, che, oltrepassando la linea di confine, sono continuati in territorio italiano. Come ogni volta, camminare su un territorio in cui si sono svolti fatti così cruenti e così drammatici, ci ha fatti proseguire in silenzio, assorti ognuno nei nostri pensieri e nelle nostre elucubrazioni.

Passare al di sotto del cupolotto blindato che serviva da luogo di vedetta all'esercito austroungarico verso il vicinissimo fronte nemico italiano, camminare lungo il trincerone, inginocchiarsi a riflettere laddove sofferenza, morte, dolore e sangue, sono stati sparsi brutalmente, ci ha dato emozioni così forti da farci rabbrividire. L'aneddoto poi che, in un freddo Natale, i due eserciti che si trovavano lì a combattere, senza forse nemmeno saperne il motivo, si siano dati spontaneamente e momentaneamente tregua, scambiandosi gli auguri e venendo per questo, in seguito, puniti a morte, mi ha portata fino alle lacrime. Camminare sul Pal Piccolo è stato anche stavolta foriero di emozioni uniche ed intense, generate da un viaggio mentale nella triste e dolorosa pagina storica della Prima Guerra Mondiale.

Un momento per pensare, per soffermarci a riflettere, per meditare e soprattutto per non dimenticare. Durante la lunga pausa dedicata ai nostri pensieri, iniziava intanto a soffiare un vento gelido e il cielo incominciava ad annuvolarsi, rendendo l'atmosfera greve e più consona ai nostri stati d'animo. Ci siamo dunque affrettati a rimetterci in movimento, incominciando a perdere quota lungo il sentiero che, tra le rocce, ci ha portati ad un bivio. Qui noi abbiamo svoltato a destra (CAI 401) inoltrandoci in un ambiente spettacolare dominato dal carsismo.

Continuando su ottimo percorso erboso, abbiamo dunque imboccato una bellissima, comoda ed ottimamente conservata mulattiera, che, con anse regolari, ci ha riportati a guadagnare dapprima un territorio occupato da mughe, arbusti e larici e poi una amena faggeta. Abbiamo altresì percorso un paio di cenge erbose ed un piccolo tratto agevolato da cavi, camminando nelle vicinanze di ulteriori resti di manufatti bellici. Arrivare infine al Passo di Monte Croce, rasentando a volte verticali pareti rocciose aggettantisi sul nostro percorso e giungere laddove alla mattina avevamo lasciato l'auto è stato un gioco da ragazzi, talmente eravamo ancora mentalmente assorti e catapultati alla storia di cento anni fa. Cartografia Tabacco 09.

 
 
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Fotografie e Itinerario di Rosetta Barbetti

 

  

 

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