Monti Clapsavon e Bivera da Casera Razzo

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MONTI CLAPSAVON e BIVERA da Casera Razzo (del 8/9/17)... i monti Clapsavon e Bivera mi frullavano per la mente già dallo scorso anno, ma Sandro aveva letto sul web che tra i due, imprescindibili uno dall'altro (per fare le cose per bene), c'era un passaggio "delicato" e, la cosa, ci aveva un po' inibiti nel provare ad affrontarli. Quest'anno invece, vuoi per l'esperienza che pian piano abbiamo acquisito, vuoi per il fatto che sul web abbiamo letto del posizionamento di un cordino nel tratto incriminato, ci siamo decisi a procedere.

La settimana di ferie, ahimè, caduta in una fase meteo non particolarmente generosa, ci ha imposto dei cambiamenti di programma anche giornalieri, facendoci avere il piano A, B e anche C e ieri, con una giornata data per variabile, ma non piovosa, abbiamo optato per questa scelta (piano b). Come al solito siamo partiti con il buio, prima dell'alba, dopo che tutto il necessario era stato preparato già il giorno precedente. Ci siamo diretti in Carnia, fermandoci per il caffè prima e per l'acquisto del solito e meraviglioso pane ai fichi di Ovaro, dove la titolare ormai mi conosce e sa che ne vado ghiotta. Abbiamo dunque svoltato per la meravigliosa Val Pesarina, percorrendola in toto ed arrivando a Forcella Lavardet.

Qui, svoltando a sinistra, siamo giunti a Casera Razzo, dove, in comodo parcheggio adiacente all' edificio, abbiamo lasciato l'auto. Quando siamo scesi, il clima era freschetto ma gradevole ed il tempo sembrava rispettare le previsioni, infatti il cielo era terso ed il sole iniziava ad accarezzare la terra con i suoi tiepidi raggi. Zaini in spalla e scarponi ai piedi, ci siamo messi subito in marcia, intraprendendo la pista forestale (CAI 210) che dalla casera volge verso oriente. I vasti prati che ci circondavano erano bagnati dalla pioggia del giorno precedente e profumavano di buono. I larici che lambivano il limite degli spazi prativi, rilasciavano dai loro aghi goccioline di fredda condensa e quando passavamo ai loro piedi, ci cadevano addosso, facendoci rabbrividire.

Abbiamo proseguito su questa comoda stradina sterrata, lasciandoci alla nostra sinistra la deviazione per Casera Mediana, ed incrociando anche la deviazione sulla destra per Malga Tragonia, fino ad arrivare con piacevoli saliscendi fino a Casera Chiansaveit. In prossimità di questa malga, numerose mucche facevano suonare i loro campanacci, pascolando pigramente ed alzando il loro simpatico musone solo per guardarci incuriosite. Ogni volta mi soffermo ad osservarle e ad accarezzarle, perché risvegliano in me piacevoli ricordi della mia "infanzia contadina" in cui esse facevano praticamente parte della famiglia e l'economia domestica veniva coadiuvata dal loro fondamentale contributo.

Da Casera Chiansaveit, abbiamo proseguito risalendo il sentiero erboso che sale direttamente alla destra dell'edificio e che ci ha introdotti in un rado lariceto. Dopo aver superato un tratto su spazio più aperto, abbiamo iniziato a prendere quota in un ripido sentiero di erba e terra resa estremamente sdrucciolevole dalle precipitazioni del giorno prima, mentre i larici continuavano a delimitare il passaggio. Anche lungo questo percorso non è mancata la presenza delle mucche, alcune delle quali erano stese tranquillamente sul terreno a ruminare. Siamo quindi sbucati nuovamente in uno spazio aperto e prativo in cui oramai non c'era più la presenza costante dei larici, guadagnando ben presto la Forcella Chiansaveit. Da qui abbiamo quindi svoltato a sinistra, proseguendo su una comoda crestina erbosa.

Qua e là si potevano ancora vedere le tabelle del Trail delle Orchidee che viene svolto su quei sentieri. In forcella, però e purtroppo, abbiamo preso atto che prepotenti corpi nuvolosi si stavano impossessando dei fantastici panorami che ci attorniavano e la cosa non ci era affatto simpatica. Ricordo che un giorno l'amica Fabiana Cemulini mi disse:- quando andrai sul Clapsavon, potrai vedere, se la giornata è tersa, le Tre Cime di Lavaredo!- ed io avevo impresse queste parole ed avevo chiara questa illusione nella mente. Forse è stato proprio il desiderio che tale sogno potesse realizzarsi, che mi ha fatto scorgere, tra le nubi, in un attimo fugace, quelle che voglio credere, siano state esattamente loro, le Tre Cime, ma poi tutto è stato inghiottito dall'oblio della nebbia e, come in un sogno, l'immagine è sfumata via dolcemente.

Terminato il tratto di cresta erbosa, siamo arrivati laddove iniziavano le ghiaie e da qui, abbiamo incominciato a prendere quota in un ambiente prettamente brullo fatto di pietraie, ghiaioni e roccia. La nebbia nel frattempo ci aveva letteralmente inghiottiti ed associata alla tipologia del luogo, ci faceva proseguire la nostra escursione nel grigiume più assoluto. Abbiamo guadagnato la vasta cima del Clapsavon, senza poterci deliziare di null'altro. La croce in acciaio con campanella dominava su un ambiente quasi spettrale. Naturalmente ho suonato la campana, ma il cospicuo spessore brumoso, riusciva persino ad attutirne il suono. Qualora un debole raggio di sole, indugiava nel penetrare lo spesso strato di nuvolaglia, rendeva il posto ancora più sinistro.

Dopo aver apposto le nostre firme sul libro di vetta ed aver inutilmente provato a scattare qualche foto, ci siamo allontanati per dirigerci verso il Monte Bivera. Raramente la foschia ci permetteva di intravedere qualche sagoma di soggetti non ben definiti, ma era come essere persi all'interno di una chimera, dove tutto è sfumato e poco chiaro. Dalla vasta cima del Clapsavon abbiamo quindi perso quota su un percorso che mano a mano si faceva più sottile, fino a palesarsi sotto forma di esile ed esposta crestina rocciosa. Eravamo dunque arrivati a quel famoso tratto delicato che un tempo ci impensieriva. Con estrema attenzione e con l'aiuto del cordino, lo abbiamo superato senza difficoltà alcuna, guadagnando così Forcella Bivera.

Qui abbiamo intersecato il sentiero CAI 212, ma noi abbiamo continuato dritti, iniziando a salire il ripido versante ghiaioso inizialmente e roccioso in seguito del Bivera, seguendo sbiaditi segnavia e qualche provvidenziale ometto. Durante la salita, persa nelle mie considerazioni sul fatto che in questi luoghi non stavo provando nessuna "vibrazione", un movimento tra le roccette ha attirato la mia attenzione: erano ben cinque coturnici, perfettamente mimetizzate che, spaventate dalla mia presenza, si sono alzate in volo allontanandosi ed impedendomi di fotografarle. Anche la cima del Monte Bivera era avvolta nella nebbia e, molto più esigua di quella del Clapsavon, aveva anch'essa una croce in acciaio con campanella.

Ogni visuale era totalmente assente, quindi, dopo aver suonato la campana e firmato il libro di vetta siamo ridiscesi fino alla forcella. Qui abbiamo svoltato a desta ed intrapreso il sentiero CAI 212 che ci ha fatti perdere velocemente quota scendendo ghiaioni, sfasciumi e pietraie. La nebbia nel frattempo non ci dava tregua, era talmente fitta e particolarmente carica di umidità da bagnarmi completamente i capelli. L'ambiente era surreale, lugubre, gotico. Solamente quando siamo giunti laddove riprendeva la vegetazione (nei pressi di una forcelletta), con erba, arbusti ed i primi larici, siamo riemersi dal grigiume e siamo entrati in un ambiente più accogliente e familiare. Abbiamo seguito il sentiero che adesso si inoltrava sempre più nel lariceto ed assumeva una pendenza più consona a darci la possibilità di guardarci attorno. Il bosco, i massi rocciosi e gli arbusti che caratterizzavano la zona, le facevano assumere un aspetto magico e fiabesco.

Per arrivare alla Casera Chiansaveit, che dal punto in cui erano finite le ghiaie e, guardando verso il basso, sembrava vicinissima, ci abbiamo messo un pochino, perché il sentiero, seppur piacevolissimo, è stato assai lungo. È stato comunque proprio durante questa discesa, che, guardando davanti a noi, siamo rimasti affascinati da un fenomeno spettacolare: il panorama verso il Cadore era praticamente mozzato in due da una linea netta, al di sopra della quale dominava una spessa cappa grigia, mentre al di sotto si vedevano nitide praterie e paesaggi straordinari. Subito dopo aver attraversato una zona di vecchi schianti, abbiamo percorso in falsopiano un ultimo tratto di boschetto che, scemando nella prateria, ci ha fatto raggiungere Casera Chiansaveit.

Tale edificio, di proprietà del Gruppo ANA di Socchieve, è un grazioso punto di sosta, degnamente restaurato e curato con dovizia di particolari. In caso di necessità, una zona è stata anche adibita a bivacco per i viandanti che ne hanno bisogno. Mentre mangiavamo il nostro panino, un gradevole odore di camomilla ci deliziava l'olfatto, abbiamo solo in seguito preso atto che proprio nelle adiacenze della casera, c'erano numerose piantine da cui si sprigionava tale profumo. Dopo aver in questo luogo consumato il pasto, osservati dalle mucche che, al di là della recinzione pascolavano o riposavano, abbiamo ripreso il cammino, percorrendo la stessa pista forestale che, con i suoi saliscendi, ci ha riportati laddove alla mattina avevamo lasciato la vettura.

Allora... mie personali ed assolutamente discutibili considerazioni: sarà stato per il meteo dispettoso che, con la sua spessa nuvolaglia ci ha impedito ogni assaggio di panorama, o vuoi per la particolarità dell'ambiente prettamente ghiaioso, brullo e privo di "vitalità", fatto sta che Clapsavon e Bivera non mi hanno regalato quel brivido che certe altre montagne mi hanno saputo dare. Se non fosse stato per la zona verdeggiante e il bosco di larici, stavolta non avrei proprio sognato. Cartografia Tabacco 02.

 
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Fotografie e Itinerario di Rosetta Barbetti

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